Sentenza Corte di Cassazione in merito a licenziamento per giusta causa del lavoratore in malattia
Cassazione civile sez. lav. - 26/04/2022, n. 13063 - Sezione Lavoro
La sospensione della prestazione lavorativa per malattia si fonda sul concetto di “malattia rilevante”, ovvero una condizione di infermità che, per gravità intrinseca e/o incidenza sulle mansioni abituali, determina nel lavoratore una concreta e attuale impossibilità di svolgere il proprio lavoro, sebbene in modo temporaneo (cfr. Cass., n. 14065 del 1999). Pertanto, anche quando la malattia impedisca l’esecuzione della specifica attività oggetto del contratto di lavoro, può comunque accadere che le capacità psico-fisiche residue del lavoratore consentano lo svolgimento di altre attività compatibili con il proprio stato.
Tuttavia, la giurisprudenza ha chiarito che lo svolgimento di tali attività da parte di un dipendente assente per malattia non è privo di rilevanza disciplinare; anzi, in taluni casi può persino giustificare il licenziamento. Ciò avviene in particolare quando il comportamento del lavoratore violi i doveri di correttezza e buona fede, oltre agli obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà. Tali violazioni si configurano sia nel caso in cui l’attività alternativa faccia presumere l’inesistenza della patologia e quindi un comportamento fraudolento del lavoratore, sia qualora tale attività pregiudichi o ritardi, anche solo potenzialmente, la guarigione in base alla natura della malattia e alle mansioni svolte.
Questo principio è stato ormai consolidato dalla giurisprudenza (cfr. Cass. n. 1747/1991, n. 9474/2009, n. 21253/2012, n. 17625/2014, n. 24812/2016, n. 21667/2017, n. 13980/2020). Infatti, durante il periodo di sospensione per malattia, restano a carico del lavoratore obblighi di diligenza e fedeltà (artt. 2104 e 2105 c.c.), nonché i doveri di correttezza e buona fede previsti dagli artt. 1175 e 1375 c.c. (cfr. Cass. n. 7915/1991).
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